Descrizione
Oggi siamo in questa piazza per celebrare il 25 aprile, la giornata della Liberazione. Ottant’anni fa in Italia veniva sconfitto il regime nazifascista e terminava la guerra.
Oggi siamo qui per celebrare non solo quel giorno, ma anche tutti coloro che, con coraggio e sacrificio, l’hanno voluto e conquistato. Ed è grazie a queste donne e a questi uomini, a questi resistenti, che viviamo in uno stato libero e democratico.
Oggi, non dimentichiamolo, siamo qui per salvare la memoria e non il passato. Siamo qui per guardare al futuro.
È un giorno di festa, ma questo non ci dispensa dal riflettere e dall’affermare che libertà e democrazia non sono un traguardo: una volta conquistate, non sono per sempre.
Libertà e democrazia devono essere difese e alimentate in continuazione. Esigono dedizione. Comportano impegno e sacrificio. Rinunce.
Se si rimane nella propria comfort zone, nell’angusto spazio dei propri interessi, libertà e democrazia si perdono.
Se si guarda solo al proprio ombelico e si pensa solo a se stessi, libertà e democrazia si perdono.
Se la solidarietà è una parola sconosciuta, libertà e democrazia si perdono.
Se questo è vero, ecco che allora siamo chiamati a una nuova Resistenza, meno cruenta, ma non priva di ferite e di dolore. Di sconfitte e di sconforto.
Una nuova Resistenza che deve coinvolgerci in prima persona e che comporterà anche conflitti con noi stessi. Con il nostro egoismo e i nostri pregiudizi.
Una nuova Resistenza contro l’ingiustizia, l’odio, l’indifferenza. Ma anche contro le disuguaglianze e le prevaricazioni. Contro un sistema che aumenta la forbice tra ricchi e poveri. Dove i ricchi sono sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri.
Si, siamo chiamati a una nuova Resistenza per un mondo più giusto ed equo. In una parola per un mondo in pace.
Quella pace che Papa Francesco - in questi giorni pianto da milioni di persone - ha incessantemente ricercato e perseguito.
Quella pace che lui stesso ha sostenuto essere non solo assenza di guerra, ma presenza concreta di giustizia, amicizia e dialogo.
Quella pace che è accoglienza e solidarietà.
Quella pace che nasce anche dalla buona politica. Quella buona politica, che Papa Francesco spiega in maniera magistrale nel capitolo 5 dell’enciclica Fratelli tutti.
«Per rendere possibile lo sviluppo di una comunità mondiale, capace di realizzare la fraternità a partire da popoli e nazioni che vivano l’amicizia sociale, è necessaria la migliore politica, posta al servizio del vero bene comune».
Un monito che dovrebbe arrivare ai qualunquisti della politica tanto al pezzo.
Ai pasdaran della democrazia e della partecipazione intese come adesione fideistica alle loro idee e partecipazione incondizionata alle loro proposte.
Ai marchesi del Grillo, che io sono io e voi non siete niente, indisponibili all’ascolto e con i quali è inutile dialogare perché non c’è più sordo di chi non vuol sentire.
Agli incapaci di costruire ponti, ma bravi a scavare fossati e innalzare muri, impegnati a polemizzare in modo sterile e disinformato.
A quelli che sui social scrivono, ma ignorano i fatti e non meritano di essere presi in considerazione, ma solo di essere compatiti. O, meglio, perdonati come suggerisce il Vangelo perché non sanno quello che fanno. In questo caso, non sanno quello che scrivono.
Ai sepolti imbiancati che affermano di pensare al bene comune, ma invece mirano a creare zizzania.
La pace non si costruisce con le parole, ma con i fatti. Si costruisce giorno per giorno.
Nel 2024 il Global peace index, che misura la tranquillità sociale su base mondiale, ha segnalato che il livello medio della pace è peggiorato dello 0,56%. Si tratta del dodicesimo peggioramento negli ultimi 16 anni. Su 163 Paesi analizzati, 97 registrano un peggioramento delle condizioni di pace, mentre 65 hanno migliorato la loro situazione. I conflitti, sono sempre più internazionalizzati, con 92 Paesi impegnati oltre i loro confini.
La nuova Resistenza impone «L’impegno educativo, lo sviluppo di abitudini solidali, la capacità di pensare la vita umana più integralmente, la profondità spirituale sono realtà necessarie per dare qualità ai rapporti umani, in modo tale che sia la società stessa a reagire di fronte alle proprie ingiustizie, alle aberrazioni, agli abusi dei poteri economici, tecnologici, politici e mediatici». E non sono io a dirlo ma Papa Francesco sempre nell’enciclica Fratelli tutti.
La nuova Resistenza non può rimanere un’affermazione di principio, ma deve diventare realtà quotidiana per tutti noi. Per il nostro territorio. Per il nostro comune.
Non siamo un’isola felice. Il disagio sociale abita anche qui ed è in costante crescita, come dimostra l’incremento delle spese per questo settore. Incremento che incide sui bilanci dei comuni in maniera significativa e preoccupante.
Repetita iuvant: le cose ripetute giovano. Allora ribadisco ciò che ho detto lo scorso anno sempre il 25 aprile.
Se vogliamo la pace dobbiamo stare in prima linea, essere - come dice papa Francesco - artigiani di pace, ma aggiungo io, anche partigiani di pace.
Oggi festeggiamo una vittoria, ma anche qui mi ripeto, lavoriamo affinché non debbano esserci più guerre per poi festeggiare la loro conclusione.
È il nostro impegno. La nostra Resistenza.
Viva il 25 aprile.
Il Sindaco, Antonio Grassi.
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Ultimo aggiornamento: 25 aprile 2025, 13:16